2 maggio 2008

Perchè non possiamo celebrare l'anniversario di Israele.

Qui di seguito riporto la traduzione di un lettera-appello di un gruppo di ebrei inglesi, pubblicata sul quotidiano The Guardian il 30 aprile scorso, dove si elencano le ragioni che non permettono a queste persone – né dovrebbero permetterlo ad alcuno - di festeggiare il 60° anno dalla fondazione dello Stato di Israele.

Si tratta di argomentazioni già note e storicamente accertate.

Come abbiamo avuto modo di osservare, la politica della durezza è stata ritenuta l’unico modo adatto ad affrontare il dilemma della legittimità di Israele in relazione ai suoi vicini, e la violenza sistematica è stata essenziale per consolidare lo Stato israeliano nel periodo 1947-1948, nonché per sostenerlo nei periodi di crisi successivi.

Secondo lo storico israeliano Ilan Pappe, intervistato dall’Unità il 1°maggio, “il sistema di valori su cui si fonda lo Stato di Israele” è stato strutturato “attorno a una ideologia etnocentrica che pone come prioritaria la necessità di avere uno Stato ebraico con una solida maggioranza ebraica che controlli larga parte dei Territori palestinesi. Nel creare il proprio Stato-nazione, il movimento sionista non condusse una guerra che portò all’espulsione di parte della popolazione nativa, ma fu l’opposto: l’obiettivo principale era la pulizia etnica di tutta la Palestina, che il movimento ambiva per il suo nuovo Stato. Questa visione non è cambiata affatto dal 1948 ad oggi. Il valore di uno Stato a base etnica è ancora al di sopra di qualunque diritto umano o civile”.

E allora, come celebrare oggi i 60 anni di Israele senza nel contempo ricordare che la nascita di questo Stato coincide con la Naqba palestinese?

E, soprattutto, come festeggiare uno Stato che mantiene un’intera popolazione di un milione e mezzo di Palestinesi sotto assedio e in condizioni pietose, con scarsi rifornimenti di cibo e altri beni, con poca elettricità, con un sistema di trattamento di rifiuti devastato, con una sanità in condizioni definite miserevoli; in una parola, uno Stato che pone in atto una gigantesca punizione collettiva, un crimine contro l’umanità che è una vergogna tanto per Israele quanto per gli Stati che la consentono.

Come festeggiare uno Stato le cui truppe massacrano quotidianamente la popolazione civile inerme ed innocente, ivi inclusi i bambini di pochi mesi, utilizzando armamenti il cui uso in aree densamente popolate è proibito dal diritto umanitario.

Come festeggiare uno Stato che, mentre a parole sostiene di volere la “pace”, nei fatti continua ad operare nel senso esattamente opposto, espandendo i propri insediamenti colonici illegali, rifiutando di affrontare il problema dei profughi palestinesi persino nel senso di ammettere la propria responsabilità, proponendo all’Anp piani di “pace” che, come ancora qualche giorno fa riportava il quotidiano Yedioth Ahronoth, prevedono che Israele mantenga il controllo dei blocchi di insediamenti, della Valle del Giordano, di Gerusalemme?

No, non c’è assolutamente motivo di festeggiare alcunché se la festa di alcuni coincide con la rovina, la distruzione e la morte dei nostri fratelli, e spiace che anche il nostro Presidente si presti a fornire il proprio autorevole avallo ad una iniziativa che non unisce ma divide profondamente, sia in Italia che nel resto del mondo.

Noi non celebriamo l’anniversario di Israele.
(The Guardian, mercoledì 30 aprile 2008)

A maggio, le organizzazioni ebraiche celebreranno il 60° anniversario della fondazione dello stato di Israele. Ciò è comprensibile nel contesto di secoli di persecuzione culminati nell’Olocausto. Tuttavia, noi siamo Ebrei che non celebreranno. Sicuramente ora è tempo di riconoscere la storia degli altri, il prezzo pagato da un altro popolo per l’antisemitismo europeo e le politiche di genocidio di Hitler. Come ha messo in evidenza Edward Said, ciò che l’Olocausto è per gli Ebrei, lo è la Naqba per i Palestinesi.

Nell’aprile 1948, lo stesso mese dell’infame massacro di Deir Yassin e dell’attacco di mortai contro i civili palestinesi nella piazza del mercato di Haifa, il Piano Dalet entrò in funzione. Ciò autorizzò la distruzione di villaggi palestinesi e l’espulsione della popolazione indigena dai confini dello Stato. Non non celebreremo.

Nel luglio 1948, 70.000 Palestinesi furono cacciati dalle loro case a Lydda e a Ramleh nel periodo più caldo dell’estate senza cibo né acqua. Morirono a centinaia. E’ nota come la Marcia della Morte. Noi non celebreremo.

In tutto, 750.000 Palestinesi divennero rifugiati. Circa 400 villaggi vennero cancellati dalle mappe. La pulizia etnica non termino lì. Migliaia di Palestinesi (cittadini israeliani) furono espulsi dalla Galilea nel 1956. Molte migliaia in più quando Israele occupò la Cisgiordania e Gaza. Secondo il diritto internazionale e sulla base della risoluzione Onu 194, i rifugiati di guerra hanno il diritto al ritorno o alla compensazione. Israele non ha mai riconosciuto tale diritto. Noi non celebreremo.

Noi non possiamo celebrare l’anniversario della nascita di uno Stato fondato sul terrorismo, sui massacri e sulla spoliazione della terra di un altro popolo. Non possiamo celebrare l’anniversario della nascita di uno Stato che ancora adesso è impegnato nella pulizia etnica, che viola il diritto internazionale, che infligge una mostruosa punizione collettiva alla popolazione civile di Gaza e che continua a negare ai Palestinesi i diritti umani e le aspirazioni nazionali.

Noi celebreremo quando Arabi ed Ebrei vivranno da eguali in un pacifico Medio Oriente.

Seymour Alexander
Ruth Appleton
Steve Arloff
(seguono altre 102 firme)

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11 Commenti:

Alle 2 maggio 2008 alle ore 13:43 , Anonymous Anonimo ha detto...

stronzate.

ogni Stato nazione nei suoi primi anni ha visto opprimere chi non era conforme a quell'idea di nazione.

solo per lo Stato d' Israele tuttavia questa ingiustiza storica non è sopportabile.

e finchè rimarrà il clima di assedio contro Israele non sarà per esso possibile evolvere come lo è stato per altri Stati democratici e tolleranti

 
Alle 2 maggio 2008 alle ore 14:42 , Anonymous Anonimo ha detto...

la millantazione o l'esibizione di gruppi di ebrei anti-israeliani è una vecchia abitudine dei nemici dell'ebraismo..

lo ha fatto qualche anno fa il dittatore iraniano alla sua conferenza contro il sionismo, adesso lo fanno con questi ebrei inglesi.

 
Alle 2 maggio 2008 alle ore 18:58 , Blogger vichi ha detto...

x anonimo non sionista (?): veramente non è che tutti gli Stati nascano conducendo operazioni di pulizia etnica su vasta scala!
Per il resto, io non lo vedo questo clima di "assedio" contro Israele, a meno che non intenda riferirti alla cattiva "immagine" che Israele ha nel mondo, battuto in questo solo dall'Iran di Ahmadinejad.
Il punto è che Israele non riconosce alcuna responsabilità per il problema dei profughi, né riconosce loro alcun minimo diritto, né mostra alcuna intenzione di conformarsi ai dettami della legalità internazionale per quanto riguarda i propri confini, ed anzi opera per continuare ad espandere le colonie.
In questo quadro, la piena responsabilità di non raggiungere un accordo di pace definitivo con i Palestinesi ricade in toto sulla "entità sionista".
x Vinland: veramente qui si sta parlando della libera espressione del proprio dissenso da parte di un gruppo di Ebrei inglesi, mediante una lettera pubblica su un quotidiano.
Se gli Ebrei della diaspora seguissero questo esempio, anziché appoggiare acriticamente Israele e giustificare anche il crimine più bestiale, forse oggi parleremmo d'altro.

 
Alle 2 maggio 2008 alle ore 19:45 , Anonymous Anonimo ha detto...

Tutti a difendere Israele, ma che è, una moda o un lavaggio del cervello? ma svegliatevi! quelli si "difendono" da soli, anzi, il più delle volte attaccano: hanno l'esercito più potente al mondo, con aerei supersonici, radar e più di 200 testate atomiche, tra poco anche il robot-soldato da 385.000 euro ad esemplare, mentre i palestinesi non hanno che pietre e "lanciapetardi", perchè cos'altro è un razzo kassam, e poi il più delle volte le vittime sono disarmate...basta per capire chi è la vittima? non capite ancora? allora è lavaggio del cervello. Pace a voi, Salim

 
Alle 2 maggio 2008 alle ore 22:48 , Blogger Andrea Parmeggiani ha detto...

Ma se qualcuno venisse a casa mia si impossessasse della casa lasciandomi lo sgabuzzino, mi desse da bere solo quando decide lui, mentre lui spreca l'acqua che è di tutti, se qualcuno arrivasse a casa mia e decidesse che io non posso più lavorare, che per uscire dallo sgabuzzino dovessi esibire il passaporto, se davanti allo sgabuzzino mi piazzasse un bel carro armato, se non potessi garantire ai miei figli una vita umana, e in più se gli dico qualcosa mi dice che sono razzista, non so cosa farei sinceramente, forse mi arrabbierei un po non credete?

 
Alle 3 maggio 2008 alle ore 22:32 , Anonymous Anonimo ha detto...

In effetti, benchè anch'io trovi che non ci sia nulla da celebrare nel sessantesimo della creazione di isreale, trovo un po' bolsa questa abitudine dei movimenti contro l'occupazione di usare degli interventi di ebrei anti-sionisti.

E' una abitudine un po' paraculo, è come dire: "guarda, posso essere contro l'occupazione israeliana senza essere anti-semita, perchè ho trovato in rete un appello di 3 o 4 ebrei anti-isrealiani".

Che palle! Nn mi interessa se esistono o no ebrei anti-israeliani, l'unica cosa che mi interesse è che israele interrompa la sua politica di genocidio del popolo palestinese...

 
Alle 5 maggio 2008 alle ore 08:41 , Blogger vichi ha detto...

x Dave: Se siamo d'accordo, come pare, che la cosa più importante sia che Israele termini o, meglio, venga costretto a cessare i suoi crimini di guerra e le sue politiche genocidarie, la tua critica tutto sommato mi pare poco rilevante, oltreché ingiusta.
Laddove, semmai, andrebbe posto l'accento sul fatto che, come anche tu hai ben presente, chiunque osi mettere in discussione l'occupazione militare, l'apartheid e la pulizia etnica israeliana viene subito bollato di antisemitismo, neppure troppo velato.
Persino un convegno come quello in programma in questi due giorni a Torino sulla pulizia etnica in Palestina e le responsabilità delle democrazie occidentali viene definito inaccettabile e si contesta il rettore dell'Università per avere concesso gli spazi di dibattito.
A parte il fatto che non stiamo parlando di "3 o 4 ebrei", l'aspetto più importante da rilevare, per me, è un altro.
Uno dei motivi della "forza" politica di Israele è rappresentato dall'appoggio compatto che esso riceve dalle comunità ebraiche della diaspora, i cui esponenti arrivano addirittura a giustificarne i crimini più orrendi.
E, dunque, a mio giudizio bisogna sottolineare le voci dissonanti, mostrare come non tutti gli ebrei siano disposti a sacrificare i più elementari diritti umani, ivi compreso il diritto alla vita, sull'altare dell'ebraicità dello Stato di Israele.
Non è un caso che, contro gli ebrei "dissenzienti" quali ad esempio quelli di european jews for a just peace, si scaglino spesso con attacchi beceri e virulenti le varie Fiamme Nirenstein o Deborah Fait di turno.

 
Alle 6 maggio 2008 alle ore 22:18 , Blogger Zadig ha detto...

Alcuni ebrei inglesi hanno detto che non celebreranno i 60 anni di Israele.
In Israele ci sono associazioni e gruppi che fanno iniziative di radicale opposizione alle politiche governative, ai quali è permesso di operare.
Ci sono anche gruppi religiosi che, in nome di una interpretazione antichissima della Torah e della Bibbia, sostengono che non può esistere uno stato per la gente d'Israele. E' contro la volontà di Dio. Anche a questi è permesso di esistere ed esprimersi.
In Israele in 60 anni di storia partiti e leader politici si sono alternati al governo secondo i normali metodi della democrazia rappresentativa, come in Europa e diversamente dai paesi circostanti.
Diversamente dalle aree palestinesi, dove dopo l'ottenimento di una minima autonomia Fatah e Hamas non hanno trovato niente di meglio da fare che scatenare la guerra civile.
Impara a guardare la realtà e la storia nella sua interezza, senza le fette di salame sugli occhi.
Nessuno discute le colpe, gli errori, le uccisioni commesse da Israele. Sono sotto gli occhi di tutti. Però.
La lettera citata omette di ricordare che in quel 1948 gli arabi, aizzati dagli imam, volevano scacciare gli ebrei. L'ennesimo pogrom.
La Lega Araba aveva dichiarato "questa (contro gli ebrei) sarà una guerra di sterminio". Un altro?
Non si voleva accettare che gli ebrei tornassero, dopo la Shoah, alla loro terra d'origine, dove speravano di essere per sempre al sicuro.
Non si può parlare di occupazione della terra altrui, perchè quella è anche la terra degli ebrei. Lo è stata da ben prima che arrivasse l'Islam.
Che con gli ebrei non ha mai voluto negoziare una spartizione in quel lontano '48. Leggere, leggere, confrontare fonti diverse mio caro.
C'è la guerra e parte delle responsabilità è del mondo arabo, che insiste nel non voler riconoscere Israele.
Le stragi dei palestinesi sono anche colpa loro. I civili palestinesi sono pedine di un gioco di sangue.

 
Alle 8 maggio 2008 alle ore 02:00 , Blogger vichi ha detto...

Fette di salame sugli occhi, eh?
Allora cominciamo dalla fine, ricordandoti che da tempo i paesi arabi hanno proposto un accordo di pace la cui essenza sta proprio nel riconoscimento di Israele in cambio della restituzione dei territori occupati ai Palestinesi.
Israele sarà pure la loro terra d'origine, sta di fatto che in questi decenni lo stato ebraico ha raccattato ebrei un po' dappertutto nel mondo, con l'esclusione dei poli, gente che con la Palestina non ha avuto niente a che fare da millenni.
Salvo poi, in qualche caso, pentirsene e trattandoli in maniera indecorosa, come nel caso dei falasha etiopi.
Come potrai vedere in un mio articolo precedente, c'è anche chi sostiene che il popolo ebraico è solo un'invenzione!
Ma il punto non è questo.
Non si può celebrare uno Stato che rifiuta di ammettere ogni minima responsabilità, che non intende conformarsi alla legalità internazionale, che nega i diritti fondamentali e le legittime aspirazioni nazionali dei Palestinesi, che pone in atto una gigantesca e mostruosa punizione collettiva a danno di un milione e mezzo di persone, che commette quotidianamente crimini di guerra feroci e bestiali.
Quando questo cesserà, quando arabi ed ebrei potranno davvero vivere da eguali, allora credo che nessuno avrà niente da ridire a festeggiare ogni maledetto compleanno di Israele.

 
Alle 18 settembre 2008 alle ore 20:16 , Anonymous Anonimo ha detto...

In realtà non hanno ragione né gli uni né gli altri..non si deve ripagare con la stessa moneta gli altri perché in passato si sono subiti dei sopprusi terribili..e d'altra parte non è giusto nemmeno reagire con attentati terroristici perché ci vanno di mezzo anche civili e soprattutto bambini..

 
Alle 19 settembre 2008 alle ore 09:54 , Blogger vichi ha detto...

Non si può che essere d'accordo sulla netta condanna contro ogni attacco - sia esso terroristico o "travestito" da "legittimo" raid militare - che colpisca civili inermi.
Ciò premesso tre osservazioni:
1) esiste una nazione che porta avanti un'occupazione militare criminale e un popolo oppresso e pressocché inerme, ma di questo dato di partenza inconfutabile nessuno sembra tener conto;
2) sono ormai mesi e mesi che non vi sono più attentati terroristici, ma questo non ha cambiato di una virgola il regime di occupazione, le violazioni dei diritti umani e i crimini di guerra dell'apparato di occupazione israeliano;
3) i metodi di lotta non violenta sono certamente preferibili, più opportuni e legittimi, ma chi si occupa di informare la pubblica opinione del trattamento riservato ai manifestanti non violenti a Bil'in e negli altri villaggi palestinesi in cui si lotta contro il muro di "sicurezza" e l'espropriazione delle terre coltivate?

 

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