20 ottobre 2004

Le mani insanguinate.

L'operazione "giorni di penitenza", iniziata la sera del 28 settembre, ha avuto termine venerdì notte, 15 ottobre.
In poco più di due settimane, l'esercito israeliano ha ucciso ben 138 Palestinesi, e di questi - secondo le stesse statistiche dell'Idf - solo 80 erano militanti armati: il 42% dei morti, dunque, erano civili disarmati e non coinvolti nei combattimenti!
Ma non è tutto: dei 138 morti, 31 erano bambini; degli oltre 430 feriti, 139 erano bambini.
Un'operazione militare che doveva servire ad impedire il lancio di missili Qassam contro Sderot si è tramutata in una vera e propria vendetta a sangue freddo, un massacro ferocemente premeditato e spietatamente portato a termine.
Per impedire l'uso di un'arma così "terribile" da aver provocato, in tre anni e più, "ben" quattro morti, Tsahal, in due sole settimane, ha ucciso quasi 35 Palestinesi per ogni vittima israeliana, una rappresaglia da far impallidire persino quelle di tanti "illustri" predecessori.
Nel corso della seconda Intifada, il rapporto tra morti palestinesi e morti israeliani è più o meno di 3 a 1, ma passando ai minorenni diventa di 5 a 1.
Secondo le statistiche di B'tselem (precedenti all'operazione di Gaza, tuttavia) i Palestinesi minori di 18 anni uccisi sono stati 557, contro i 110 Israeliani; altre organizzazioni parlano di numeri ancora superiori e, in particolare, secondo la Mezzaluna Rossa i morti Palestinesi minori di 18 anni fino ad oggi sono stati ben 828.
In molti casi, l'assassinio di bambini palestinesi è stato assolutamente gratuito ed ingiustificato.
Mohammed Aaraj, 6 anni, stava mangiando un panino di fronte alla sua casa, nel campo profughi di Balata, quando è stato ucciso da un soldato israeliano a distanza ravvicinata.
Kristen Saada, 12 anni, era con i suoi genitori quando i soldati israeliani hanno sparato a raffica contro l'auto in cui viaggiavano, uccidendola sul colpo.
I fratelli Jamil e Ahmed Abu Aziz, rispettivamente di 13 e 6 anni, andavano in bicicletta nella piena luce del giorno quando sono stati investiti dallo scoppio di una granata sparata da un tank israeliano.
Muatez Amudi e Subah Subah sono stati uccisi nel villaggio di Burkin da un soldato israeliano che ha iniziato a sparare all'impazzata in conseguenza del lancio di alcune pietre.
Ghadeer Jaber Mokheimer, 11 anni, è stata colpita al petto e allo stomaco ed è morta mentre era seduta nel suo banco a scuola, a Khan Yunis.
Ma il caso più terribile è stato quello dell'uccisione di Iman al Hams, la ragazzina palestinese 13enne colpita dal fuoco di alcuni soldati della brigata Givati e poi "giustiziata" dal loro comandante: era il 5 ottobre, e Iman stava andando a scuola, non pensava certo di incontrare qualcuno che ne avrebbe "confermato la morte" con due pallottole nella nuca!
Il valoroso comandante è attualmente sospeso, ma non per aver giustiziato a sangue freddo la bambina, ma solo per la sua scarsa "leadership" e per i rapporti ormai deteriorati con i suoi subordinati!
E' chiaro il messaggio che così si invia ai soldati: nessun problema se uccidete dei bambini, nessuno di voi è colpevole!
E la cosa peggiore è che questa immane tragedia, le terribili sofferenze, le devastazioni e le morti che quotidianamente devono affrontare i Palestinesi non sono in alcun modo presenti nell'agenda della pubblica opinione israeliana, che preferisce voltarsi dall'altro lato ignorando persino i fatti più atroci e le statistiche più crude.
Ma un esercito che uccide così tanti bambini è un esercito senza più controllo, un esercito che, soprattutto, ha perso il suo codice etico e morale.
E l'assoluta indifferenza degli Israeliani - con qualche rara eccezione - per le sofferenze del popolo palestinese ed il massacro dei suoi figli, l'appoggio incondizionato alla politica brutale e spietata del primo ministro Sharon, li rende complici di questi crimini.
Chi avrebbe mai creduto che i soldati israeliani avrebbero ucciso centinaia di bambini e che la maggioranza di Israele sarebbe rimasta silenziosa?
La verità è che il sangue di migliaia di Palestinesi, e soprattutto quello delle centinaia di bambini assassinati da Tsahal, sporca le mani dell'intero popolo israeliano, complice silenzioso di un massacro senza fine.

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2 Commenti:

Alle 22 luglio 2007 alle ore 18:12 , Anonymous Anonimo ha detto...

nessun commento da fare,ci si dà la zappa sui piedi aizzando e mettendo l'uno contro l'altro due popoli che hanno molto in comune.cerchiamo la pace anzichè la guerra nessun vero soldato sia musulmano sia ebreo piace uccidere.con la guerra si ha soltanto dolore distruzione sofferenza da entrambe le parti.

 
Alle 31 luglio 2007 alle ore 08:28 , Blogger vichi ha detto...

Sottoscrivo in pieno, e tuttavia vorrei capire perchè Israele non investiga mai, né tanto meno punisce, i soldati responsabili delle tante uccisioni di civili palestinesi inermi e innocenti, soprattutto bambini.
Ti ricordo che il famigerato capitano R., responsabile dell'uccisione a sangue freddo di Imam, non solo è stato assolto ma, successivamente, è stato addirittura promosso!
Che significa questo, secondo te?

 

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